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Townstories

Stand:


Beniamino, il leone marino

Angelika Lübcke
traduzione Luigi Prinzi

E' un fine settimana, un fine settimana d'estate dell'anno 1956. Ho sei anni e mi avvio in questa splendida giornata estiva con mia madre verso Wendenschloß, alla piscina pubblica all'aperto. Wendenschloß è un piccolo quartiere di Köpenick. Qui ci sono delle ville meravigliose, circondate da un bosco e da molta acqua. La piscina pubblica è nuova. C'è sabbia bianca, ci sono prati per giocare, di un verde intenso, un'altalena, una piccola trattoria e la cosa migliore del mondo, ossia un lungo, lungo toboga che porta direttamente nell'acqua.

Nel fine settimana la mia mamma, che lavorava, aveva sempre tempo per me. Poi ci recavamo insieme alla piscina pubblica e ci sfogavamo per bene. Io sapevo già nuotare a cinque anni, ciononostante non potevo ancora farlo senza sorveglianza. Solo in compagnia di mamma nuotavo allegramente accanto a lei e, divertita, le riempivo la testa delle mie ciarle.

Mia madre mi consentiva di inoltrarmi da sola nell'acqua solamente fin dove il livello dell'acqua arrivava al mio ombelico, che, devo ammettere, allora si trovava poco più in basso del mio collo. Come sempre, correvo per prima cosa nella piscina, cercavo per noi un posto soleggiato per sdraiarci sulla calda sabbia e mi cambiavo rapidamente d'abito. Mia madre si faceva un poggiatesta di sabbia ed io già correvo avanti, per saggiare la temperatura dell'acqua.

Ad un tratto vidi un lungo, nero tubo di gomma che stava sulla superficie dell'acqua. Iiii, trovai sgradevole questa scoperta. Nonostante l'oggetto mi incutesse paura, lo tirai fuori dall'acqua e lo collocai sulla sabbia bagnata. Constatai che il suddetto tubo aveva una testa e due pinne posteriori ed altre due pinne anteriori. Chiamai mia madre. Ella sopraggiunse ed io le mostrai l'oggetto comico che avevo rinvenuto. Mamma rise, riportò l'oggetto di gomma in acqua, lo ripulì e lo gonfiò soffiandovi dentro. Il mostro di gomma nero si trasformò in un meraviglioso leone di mare. Mi rallegrai, perché finalmente avevo qualcosa con cui giocare. La gioia non durò a lungo, in quanto mia madre insisté sull'opportunità di consegnare l'oggetto rinvenuto al bagnino. Io trovai che questa decisione non era poi seria. Non si trattava, alla fin fine, di un tesoro di pirati costituito da oro ed argento. Inoltre egli si chiamava Beniamino. Era il mio Beniamino, giacché io lo avevo rinvenuto. Il bagnino mi promise che se il proprietario non fosse venuto a ritirare, l'avrei riavuto la settimana successiva. Delusa, scrollai le spalle e mi risentii con mia madre.

E venne il fine settimana seguente. Il sole emanava una luce deliziosamente calda. Mamma ed io ci mettemmo in cammino in direzione della piscina. Corsi immediatamente dal bagnino per rilevare Beniamino, ma egli mi disse che il mio leone di mare veniva utilizzato come modello per la creazione di un oggetto d'arte. Avrei dovuto, mi disse, pazientare ancora una settimana e poi senza dubbio lo avrei riavuto. Stupido oggetto d'arte, pensavo. Che cosa può essere mai? Di cattivo umore me ne andai sul lungo scivolo e slittai pian piano finendo nella fresca acqua. Quel fine settimana fu per me particolarmente stupido.

Oggi non ricordo più quando effettivamente riebbi il mio leone di mare e quanto a lungo giocai con lui prima che le cuciture cedessero. Ma l'oggetto artistico lo posso ammirare ancora nel ventesimo secolo. Infatti un grande leone modellato su marmo sta in piedi dal 1956 nella piscina. Con orgoglio guarda verso il sole e sorveglia i prati su cui ci si stende al sole nello stabilimento balneare di Wendenschloß, che sono, come sempre, verdi. Migliaia di bambini fino ad oggi si scatenano su di esso tutto intorno. Lo lusingano, lo accarezzano e scivolano in maniera allegra e disinvolta su Beniamino su e giù. Esso è in questo stabilimento balneare il prediletto di molti frequentatori della piscina. Solo quando vengo io, mi sembra che stia posizionato sulle pinne posteriori, che emetta il verso della chioccia rivolto a me gioiosamente e si batta, davanti a tanta sfrenatezza, le pinne anteriori contro il gigantesco petto di marmo. Naturalmente anche io lo accarezzo ed ovviamente mi metto a prendere il sole solamente sul prato da sdraio, che è disposto in posizione mediana, proprio accanto al mio vecchio amico.

Beniamino ed io, è questa una amicizia che dura da una vita…. e se avrò fortuna, potrò tornare a venirlo a trovare ancora per molti anni.