Sono diversi i luoghi in cui mi sono sentita a casa.
Da giovane non mi bastavano affetti, amici e radici per farmi sentire a casa. Allora alla stessa domanda avrei risposto: la mia casa è il mondo. L’inquietudine giovanile, la sete di cambiamento, di conoscere, stimola la ricerca di luoghi e ambienti diversi dove vivere la vita. Sono andata a cercare la mia casa nel mondo. Fu un grande strappo varcare il mare, ma la voglia di andare, di conoscere, di crescere, attutirono il dolore dello strappo.
Erano i primi anni ’60. Nel nostro Paese tutto era in cambiamento, un’evoluzione continua; alcune città del nord, ed in particolare Torino, erano un laboratorio. Nel mio piccolo paese d’origine arrivava lontanissimo, fievole, l’eco di questa evoluzione. Scelsi di avvicinarmi il più possibile al laboratorio. Volevo essere lì dove le cose accadevano. Allora mi sentivo a casa dove la mia personalità in divenire poteva scoprire, conoscere e sperimentare.
Col passare degli anni, l’eco del doloroso strappo iniziale riaffiorò subdolamente sotto forma di nostalgia. Decisi di tornare, concretizzando la riunione che la nostalgia mi richiedeva. Qui, nella mia terra d’origine, ho trovato il mio nido.
C’è un posto in particolare dove mi sento a casa, col cuore e con lo spirito.
Questo posto si chiama Bonu Ighinu. E’ una campagna, vicino al mio paese, fatta di morbide colline e di valli misteriose, dove in tempi remoti si è sviluppata la civiltà che ne porta il nome. Ci sono grotte dove si possono ancora trovare testimonianze degli antichi abitanti di quelle valli. In cima ad una collina ci sono resti di un castello medioevale, e ai piedi di un’altra collina c’è un santuario dedicato alla Madonna.
Qui c’è la memoria, fatta non solo di ricordi, ma anche di atmosfere e dell’energia antica che sento nell’anima e mi dà un senso intimo di appartenenza.
Ora sentirmi a casa non è dato dal fare ma dal sentire. E’ aver coscienza di essere in un luogo dove la mia essenza profonda è a proprio agio.