Gennaio. Una domenica mattina di quarant’anni fa. Cielo azzurro, clima mite e dolcissimo. Partii da Sassari con alcuni amici per una gita all’interno della Sardegna, meta “Su gologone”, una sorgente carsica vicino a Oliena.
Avevo accettato un lavoro in Sardegna, ci vivevo da poche settimane ed ero stata accolta da tutti con calorosa generosità ed ospitalità; facevano a gara per farmela conoscere. Nel tempo libero ero sempre in giro: mi sembrava una bella avventura e mi divertivo molto perché paesaggio, persone, cose e abitudini erano molto diverse da quelle da me conosciute fino a quel momento.
Percorrevamo la 131, strada che collega Sassari con Cagliari; tortuosa e poco trafficata, attraversava diversi paesi dai nomi insoliti che faticavo a ricordare; le case erano piccole e basse, il paesaggio molto bello. Distese infinite senza incontrare anima viva e...pecore, tante pecore; ogni tanto un pastore in groppa a un asinello.
Cos’erano quelle costruzioni che sembravano delle antiche torri ?
I nuraghi - mi dissero.
Non li avevo mai visti nemmeno in fotografia. Veramente non sapevo quasi niente della Sardegna. Finalmente, dopo circa un’ora e mezzo di auto, dopo la salita di Bonorva e il rettilineo di Campeda avvistammo un bellissimo roccione - monte Muradu - che indicava che eravamo molto vicini a Macomer. Poco dopo entrammo in paese e facemmo una sosta al Motel Agip.
Il paese non suscitò in me nessuna emozione particolare, mi sembrò più anonimo meno caratteristico di quelli visti fino a quel momento. Nulla mi faceva presagire che mi sarei poi sposata e sarei venuta a vivere proprio qui. E ancora ci vivo.
Col tempo ho scoperto la città che oggi non mi sembra più anonima perché è il luogo dei miei affetti e ho scoperto che in passato ha suscitato l’interesse di viaggiatori importanti come Antoine-Claude Pasquin Valery, autore di un Viaggio in Sardegna, pubblicato nel 1837; Alberto Lamarmora che, nel suo libro Itinerario dell’isola di Sardegna, pubblicato nel 1860, parla di Macomer e dintorni; Elio Vittorini, che nel suo libro Sardegna come un’infanzia descrive il suo passaggio a Macomer e ci ha lasciato una sua rappresentazione personale della città e della sua gente.