Passai lì per caso. Non la vedevo da molti anni e la trovai molto cambiata. Era la piazza del mio quartiere. Era la mia piazza dove trascorsi la mia infanzia e la mia adolescenza. L'avevano sistemata. Ora c'erano molti alberi, panchine e una fontana, proprio al centro, con getti di acqua che salivano e scendevano e aiuole con fiori. Sembrava una piazza di un quartiere bene di Madrid, non quella di uno operaio come era quello.
Una strada che si allargava e dove avevano piantato quattro o cinque alberi rachitici, con le loro pozzette intorno, senza panchine, senza niente, solo le sedie che la gente si portava per sedersi, questa era la piazza che io conoscevo. Tuttavia, è curioso, perché la ricordo come un grande spazio per divertirsi, dove saltavo alla corda, giocavo a nascondino, dove correvo e correvo, senza ostacoli, senza limiti.
Della mia adolescenza, quello che ricordo, è una piazza piena di gente, di famiglie intere, là, a piedi, riunite intorno ad alcuni uomini che parlavano, rivolte verso di loro. Fu nella mia piazza dove, per la prima volta, sentii parlare di libertà, di diritto al lavoro, di giustizia, di non arrendersi alle esigenze dei padroni. Stavano per chiudere una fabbrica che, secondo alcuni, era rimasta antiquata e quasi tutti stavano per essere licenziati. Quella unione, quel faccia a faccia che si respirava nella mia piazza, fu una scossa per me, e credo che, a partir da quel momento, iniziai ad essere un po' più maturo.