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Townstories

Stand:


IL TEVERE AI NOSTRI GIORNI

di Luigi Prinzi

Anche ai tempi di oggi, il fiume che attraversa la nostra città continua a manifestare un impatto sempre più intenso sulla vita cittadina nei vari ambiti, paesistico-ambientale, sociale e culturale.
Il suo placido scorrere sotto le arcate dei ponti antichi e moderni che ne segnano sotto l’aspetto architettonico il percorso, sembra solo apparentemente differenziarsi e contrastare con il ritmo frenetico che scandisce le attività della sua gente.
In realtà il Tevere, oltre che come riferimento geografico imprescindibile negli spostamenti di ogni abitante, è sempre presente nell’immaginario collettivo dei romani con la sua nobiltà, la sua solennità ed il suo carico di memorie storiche, che il fiume ha registrato nel corso dei secoli e che, talvolta, hanno segnato il suo stesso modo di essere, i suoi argini e ponti, gli ambienti naturali antistanti alle sponde, perfino l’intima struttura, con profondi riflessi sulla sua vita, risalente per nascita a milioni di anni fa, sperimentata a contatto con le millenarie civiltà umane in un rapporto di osmosi.
Il paesaggio che si può ammirare, consentendolo la stagione, scendendo giù dalle scalette dei ponti, non ha l’ampiezza ed il fascino di boschetti ricchi di verde e di ombrose fronde e nemmeno assomiglia alla foresta allietata dal canto di stormi di “variegati uccelli avvezzi alle rive ed all’alveo del fiume” , attraverso la quale, nell’immagine di poetica tratta dall’Eneide di Virgilio, una volta s’inoltrava il fiume, giungendo presso la foce.
Il fiume non è più “biondo di molta sabbia” secondo la descrizione virgiliana, anche se talora il cielo e la vegetazione circostante riescono a conferire alla distesa acquea tonalità tendenti al giallo-verde.
Certamente le sue acque, non più sane da tempo, anche se in questi ultimi anni con il potenziamento degli impianti di depurazione il loro livello di inquinamento, causato in larga misura dall’innesto dell’Aniene nel Tevere, è sceso a livelli accettabili, come segnala il ritorno di alcune specie di pesci ed uccelli nell’ambiente naturale, hanno comportato profonde modifiche nell’ecosistema che ruota intorno al fiume con la sua fauna e flora.
Solo alcuni parchi naturali, posti sotto tutela, disseminati fuori città, lungo l’intero percorso conservano il loro equilibrio naturale, che si riverbera positivamente anche sul piano paesaggistico e del comfort ambientale che il visitatore ne trae.
Pertanto oggi la fruizione del corso del Tevere in ambito urbano è possibile solo facendo canottaggio, essendo la balneazione non di certo salutare a causa di agenti patogeni presenti nelle sue acque, fino a qualche anno fa oltre i livelli consentiti, a causa degli scarichi nel fiume di sostanze inquinanti.
Da tempo i Romani hanno perso il piacere di vivere il fiume, che ha subito un degrado progressivo insieme alle infrastrutture circostanti, ed hanno scelto il mare, specialmente quello di Ostia e di Fregene, a non più di 20 Km dal centro della città, come passatempo e refrigerio estivo.
Oggi sono andati gradualmente sparendo quei personaggi quali barcaroli, fiumaroli, appartenenti ad un mondo di varia umanità che viveva a contatto col fiume, la cui storia personale s’intreccia con le vicende stesse del fiume.
Tramontati parallelamente i circoli sportivi e i bagni estivi, scomparse le trattorie lungo le banchine o sui barconi galleggianti, sembra che una crisi profonda ed irreversibile investa i rapporti tra romani ed il fiume. Neppure si vedono più di sera, come un tempo ormai quasi lontano, giovani coppie appartarsi sotto i platani del lungotevere, come recita una famosa canzone romana di tanti anni fa interpretata da un celebre cantante trasteverino.
E’ pia illusione credere che la causa dell’abbandono di simili romantiche consuetudini di complicità con il sacro fiume sia da attribuire allo smog causato da gas di scarico delle auto, che in certi giorni perviene a livelli di guardia.
In questi ultimi anni assistiamo, peraltro, ad un’inversione di tendenza attestata dallo svolgimento lungo le sponde del Tevere di manifestazioni culturali e fieristiche e da numerosi interventi di valorizzazione del ricco patrimonio culturale ed ambientale che esso racchiude.
I resti archeologici sommersi, in parte riportati alla luce nel corso dei lavori di regolarizzazione del fiume, a seguito della rovinosa inondazione del 1870, e che nel corso di lavori sull’alveo continuano ad affiorare, suggerirebbero la creazione di un museo del Tevere.
L’avvenuta apertura di altre piste ciclabili, dopo quelle realizzate nel 1990 ed il progetto di utilizzo del fiume come infrastruttura urbana, attraverso l’attivazione del servizio regolare di navigazione del tratto urbano, sia turistica che di linea, con battelli a basso impatto sull’ambiente, già operante da alcuni mesi sulla tratta Ponte Duca d’Aosta (foro italico) –Ponte Marconi, è sperabile costituiscano motivi di forte richiamo nei riguardi di cittadini e turisti.
Essi forse scenderanno ancora sulle rive del fiume con l’antica affezione verso il loro fiume, che le alte costruzioni di contenimento lungo le sponde tendono a nascondere alla città, per fruire di servizi, tra cui la mobilità fluviale o lungo il fiume, ma anche per ammirare i monumenti di Roma da un punto di osservazione così insolito e privilegiato, che consente di scoprirne le bellezze naturali di sentieri dal verde incontaminato che affiancano le sponde ed architettoniche che circondano e sovrastano il fiume.
Si potrà fare ammenda allora di quella sorta di ingratitudine di Roma per il suo fiume, tante volte manifestata in passato, perfino al tempo dell’antica Roma imperiale in cui il fiume capitolino era tenuto estraneo alla vita della città, anche se considerato una risorsa di innegabile utilità, restituendo vitalità al corso d'acqua, che, se valorizzato questa volta come merita, tornerebbe ad essere motivo di attrazione naturalistica.