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_ _ Bread in Italy
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_ El Pistor or Fornaro
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_ _ How Bread is made...
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El Pistor or Fornaro

Stand:


Il vecchio forno artigianale, in campagna addirittura familiare, costruito con mattoni di terra refrat-taria, era profondo, con il soffitto a volta e con la bocca semicircolare chiusa da uno sportello in fer-ro. Il pane di quel tempo era profumato, gustoso, e conservava la sua fragranza anche vecchio di giorni.

Cercheremo ora di ricostruire proprio la vita del pistòr che lavorava quei forni quando, in mancanza di macchine, tutto il lavoro era affidato alle sue braccia. La sua attività aveva inizio la notte: come l'orologio della piazza batteva le due, egli si alzava e scendeva al forno, dove dalla sera precedente, nella mastèla (modesta cassa posta su cavalletti) aveva preparato la gran massa incorporata con il levà, cioè con il lievito.

La prima fatica del pistòr consisteva nel manipolare con forza la pasta fino a farla diventare una massa bene amalgamata, morbida, che si staccava dall'asse senza lasciar tracce. In un secondo tem-po egli abilmente passava pugni di pasta ai garzoni, i quali a loro volta preparavano paneti, bine, ciope, corni, pinse, pagnoche e montasù; quindi sistemava i pani ottenuti su lunghe pale a forma di spatola che introduceva nel forno. Con un colpo secco li faceva cadere in file perfette e chiudeva la portèla de fero.
A questo punto erano i garzoni, i tosi de botega, che avevano il compito di tener vivo il fuoco ali-mentandolo con le fassinele de tirèla o de sormenta, attizzandolo con el stisador, cioè con il tirabra-ce, arnese di ferro molto lungo. Il fornaio esperto ritornava all'opera per sfornare il pane che estrae-va con la pala e riponeva in ceste, le cavagne.

In occasione di particolari ricorrenze il fornaio diventava anche il pasticcere e con burro, uova, fari-na, zucchero, manipolati insieme secondo una sua ricetta segreta, confezionava per Natale nadalini, per Pasqua le famose fugasse, mentre per le domeniche preparava le bianche spumiglie, ofele (paste dolci), biscotini e basini de mandola (specie di amaretti) che attiravano i bambini golosi.

Nei giorni feriali, la mamma, troppo occupata, mandava le figlie più piccole a far la spesa: erano le clienti più pazienti, che molte volte si dovevano aggrappare con le mani all'orlo del banco per farsi scorgere e, quando finalmente qualcuno le apostrofava con: dime cosa te voli, esse riferivano tutto d'un fiato la lista della spesa, preoccupate di non dimenticare qualche cosa. Veniva fuori una fila-strocca di questo genere: zinque schei de conserva, diese schei de butiero, vìnti de sucaro, 'na sar-dela, un chilo de bigoli (spaghetti) e due de pan, che si chiudeva con: la ga dito me mama ch'el no-ta…

---Written by the senior students of the Institution Rezzara in Vicenza Italy under the coordination of Ms. Dr. Maria Vittoria Nodari