Interaction
Stand:
Interazione forzata nel gruppo
Ogni persona possiede un suo personale sistema di riferimento che è, normalmente, antecedente al suo ingresso in un particolare gruppo. Ora se il gruppo non possiede alcuna barriera di entrata e di uscita, allora, nel caso sorgessero conflitti tra il sistema di riferimento del gruppo e quello della persona, quest'ultima può risolvere il suo problema andandosene semplicemente dal gruppo. Se invece, per un qualche motivo, i membri non possono lasciare il gruppo (come ad esempio in una classe scolastica o in ufficio), c'è un'interpretazione forzata che genera quasi sempre sottogruppi, costituiti da persone con un sistema di riferimento simile. Normalmente questi sottogruppi sviluppano un'ostilità reciproca piuttosto evidente. Questa constatazione porta a dire che l'interazione, per essere produttrice di un'apertura autentica della persona verso gli altri, deve consentire ad ogni membro del gruppo il superamento della soglia costituita dai suoi personali sistemi di riferimento, che in molti casi sono infarciti di pregiudizi, stereotipati ed egoistici
utilitarismi.
Se non avviene questo superamento, le interazioni producono apertura solo tra le persone che, in qualche modo, sono già simili tra di
loro.
Compito di un processo di educazione attraverso il gruppo è, invece, quello di portare gli individui al superamento di questa riduttiva logica comunicativa per mezzo della predisposizione di condizioni di lavoro di gruppo che consentono ad ogni membro incontri autentici con gli altri e quindi con se stesso. Questo spiega perché il problema delle interazioni tra i membri del gruppo non possa essere affrontato senza la scoperta del ruolo che i sistemi di riferimento hanno nell'ostacolare la comunicazione interpersonale autentica. Il problema dell'animazione non è quello di forzare le interazioni, bensì quello di eliminare gli ostacoli che ne impediscono la produttività a livello
esistenziale.
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